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Cosmos

The Centre on Social Movement Studies

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2025-03-24

Dal bisogno di un tetto alla turistificazione: casa e movimenti, ieri e oggi

Una mostra e un incontro pubblico: le lotte per la casa degli anni ’70 e l’occupazione di Palazzo Vegni, la realtà dei movimenti fiorentini per la casa oggi

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La nuova sede fiorentina della Scuola Normale ha una storia antica e una contemporanea che vale la pena di ricordare perché si intreccia con le vicende che da qualche anno a questa parte coinvolgono i centri storici delle città italiane ed europee. Nella metà degli anni ’70, il medioevale Palazzo Vegni è infatti stato occupato dai movimenti per la casa. Per ricordare quella vicenda e riflettere sul presente è stata organizzata una mostra e un incontro aperto lo scorso 18 marzo. In questo senso il Cosmos Lab che fa ricerca sui movimenti sociali è in qualche misura un luogo ideale dove immaginare un incontro tra Accademia e movimenti. Il Cosmos Lab è un luogo di ricerca e studio sulle mobilitazioni sociali che da qualche mese è anche ospitato in un luogo storico della vicenda dei movimenti fiorentini e valeva la pena di segnalare questa convergenza.

La mostra curata da Herbert Reiter (SNS) è un breve viaggio nella storia di quella occupazione, foto e materiali di comunicazione verso l’esterno che segnalano come negli anni che seguirono il boom economico e le migrazioni interne verso centri urbani diverse città si trovarono ad avere più cittadini che tetti e il problema era divenuto talmente urgente che nel 1969 i sindacati convocarono uno sciopero generale per il diritto alla casa. Le foto della mostra ci comunicano la volontà di creare spazi condivisi che non fossero solo case, ma anche ambienti comuni e servizi, nonché il bisogno di fermare quella che decenni orsono era la gentrificazione dei centri storici – oggi sostituita dalla loro trasformazione in parchi a tema. Dai vecchi poster si evince anche la volontà di comunicare con il quartiere cosa si stesse facendo, cercandone la solidarietà e segnalando come non si fosse un corpo estraneo che si insedia in uno spazio ma un pezzo di società che quello spazio voleva animare anche per il quartiere.

Durante la discussione, Donatella Della Porta, che dirige il Cosmos Lab ha segnalato come i movimenti per la casa oggi siano molto diversi dal passato perché non hanno come sola questione quella del diritto ad avere un tetto ma di frenare quella messa a reddito non solo delle case per affitti brevi ma di tutto ciò che ci sta intorno: al turista si vende l’esperienza urbana, non solo l’alloggio per la notte. La trasformazione in turistificio di Firenze è più impattante e rapida della gentrificazione e deforma il tessuto del territorio nel suo complesso. Questo rende diverse anche le forme di lotta per la casa di chi è ancora alle prese con il problema del diritto ad averne una e chi protesta contro la trasformazione del tessuto sociale e urbano generato dalla turistificazione che ha istanze per certi aspetti più ampie.

(La comunicazione all’esterno degli occupanti di Palazzo Vegni, nei manifesti dell’epoca esposti alla mostra)

 

Differenza tra movimenti per la casa storici, che ancora oggi difendono e si occupano di marginalità economico sociale mentre chi protesta o indaga la questione della turistificazione ha istanze per certi aspetti più ampie.

Tra le cose cambiate c’è anche la capacità di ascolto e interlocuzione delle istituzioni: se la stagione delle occupazioni degli anni ’70 generò una legge sulla possibilità di requisire spazi vuoti da parte dei Comuni e le amministrazioni comunali interloquivano con le occupazioni che segnalavano una questione reale, la legge Lupi del 2014 vieta di allacciare forniture agli spazi occupati.

Tra gli intervenuti anche Pietro Pierri, dell’Unione Inquilini che ricorda quella stagione per averla vissuta da bambino e spiega come da lì nasca anche una legge per la possibilità di requisire da parte dei comuni e nuovi investimenti in case popolari. “C’era anche il valore emblematico di riappropriazione dello spazio pubblico e di segnare la volontà dei ceti meno abbienti di rimanere nel centro storico ed erano anni di interlocuzione possibile con le amministrazioni comunali: le occupazioni erano tollerate come forme di partecipazione politica e rivendicazione sociale”. Altro cambiamento sta nella struttura sociale: allora le famiglie non avevano accumulato risorse e la proprietà della casa era molto meno diffusa, non c’erano paracaduti (una osservazione che forse spiega come mai alle occupazioni contemporanee partecipino tanti migranti).

Valentina Ferrucci (presidente Casa del Popolo di San Niccolò) ha spiegato come anche la sua sia un’esperienza che raccoglie l’eredità della stagione degli anni ’70 e che oggi si vede a dover lavorare per arginare la trasformazione dovuta alla turistificazione: “Quello che era un quartiere di case popolari si è trasformato (…) La diffusione della messa a valore della rendita anche in ambiti di piccola e media borghesia rende difficile la possibilità per chi lavora o arriva a lavorare in città di potersi permettere un affitto  (ad esempio, autisti autobus, infermieri). E poi c’è il fenomeno degli affitti brevi che stravolge le relazioni nel quartiere. Il Comitato invece cerca di mantenere alcuni spazi (giardini pubblici, ambulatori) per impedire che la gente se ne vada, perché anche chi può permettersi di rimanere rischia di scegliere l’abbandono non per ragioni economiche ma per mancanza di tessuto sociale.

Massimo Torelli, del Comitato Salviamo Firenze X Viverci ha invece spiegato quale sia il lavoro di un gruppo che lavora per segnalare, sensibilizzare e protestare contro la turistificazione raccontando di una iniziativa pubblica davanti all’Ex Caserma Ferrucci dove il Comitato non ha trovato nemmeno un residente che esponesse uno striscione alla finestra perché di residenti non ce ne sono più.

Tutti i partecipanti hanno raccontato di una certa impermeabilità delle istituzioni cui sembra mancare un’idea di città.

La ripresa via Team dell’incontro

 

 

 

News

Publications

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This article investigates the different types of emotions that result from participation in refugee solidarity activism, investigating how they change over time and to what extent they explain why individuals remain involved in action in spite of unfavorable circumstances.

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Andrea Pirro & Martín Portos
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